Rilasciato NetBSD 4.0

E’ stato rilasciato oggi NetBSD 4.0 !

Le principali novità sono l’inclusione dell’hypervisor di virtualizzazione Xen 3.0, il supporto Bluetooth, una serie di nuovi driver hardware, il supporto per le piattaforme ARM, PowerPC e MIPS.

Sono anche stati aggiunti il supporto per iSCSI e l’implementazione del Common Address Redundancy Protocol. La sicurezza di sistema è stata accresciuta tramite la restrizione della funzione mprotect(2) per l’enforcing delle policies W^X, il Kernel Authorization Framework, e miglioramenti al sottosistema di integrità file Variexec, che può essere usato per proteggere il sistema da attacchi di tipo trojan e dai virus.

Con questa release NetBSD ha raggiunto le 54 piattaforme supportate, di cui 17 architetture macchina su 17 famiglie di CPU diverse.

Microsoft e Unix

Scrive John Foley di InformationWeek:

Per mesi, ho cercato di avere delle risposte da Microsoft sulle tecnologie Unix nel suo portafoglio di proprietà intellettuali. Microsoft ha acconsentito a un’intervista, poi si è ritirata. Per cui il dubbio rimane: quanto codice Unix è nelle mani di Microsoft?

Le radici Unix di Microsoft risalgono a 25 anni fa. La compagnia sviluppò una versione di Unix chiamata Xenix negli anni ’80 e che era largamente usata a quei tempi. Separatamente, Microsoft acquisì e distribuì un pacchetto software chiamato Windows Services for Unix che include un sottosistema Unix, centinaia di utilities e relativi strumenti. Quello strato software, rinominato in Subsystem for Unix-based applications, viene incluso con Windows Vista Enterprise e Ultimate edition e sarà in bundle con il prossimo Windows Server 2008. Consente di eseguire applicazioni Unix su Windows.

Quindi quanto codice Unix ha Microsoft in suo possesso, sia tramite sviluppo interno, che per acquisizione o accordi di licenza con altre compagnie? E dove all’interno della linea di prodotti esso viene utilizzato da Microsoft o altri vendor? Microsoft non ne vuole parlare.

In agosto ho chiesto all’agenzia di PR di Microsoft se fosse possibile organizzare un’intervista con il loro dipartimento Intellectual Properties, normalmente molto loquace. Mi hanno risposto che mi avrebbero avvisato non appena avessero trovato un contatto per il settore Services for Unix.

Le settimane passavano ma nessuna notizia. A novembre ho provato nuovamente, e mi hanno detto che il meeting sarebbe stato possibile se avessi aspettato dopo il Ringraziamento, ma dopo la festività Microsoft ha cambiato idea: “Non pensiamo che sia possibile trovare un portavoce per parlare con lei adesso”, mi fu detto da un secondo rappresentante PR. Cosa è cambiato? “Tutto ciò che so dirle è che mi hanno detto che non possono.”

Perchè Microsoft è reticente riguardo alle domande su Unix? La mia teoria è che le risposte a quelle domande potrebbero diffondere luce sulla campagna di paura, incertezza e dubbio (FUD, ndt) contro Linux. Per oltre un anno, i rappresentati di Microsoft hanno ammonito che Linux viola i brevetti di Microsoft, sebbene senza specificare quali parti di codice siano in violazione. (Questo punto è stato reiterato nella mia richiesta di intervista: “Microsoft ha 65 brevetti presenti nella GUI di Linux, 15 brevetti nell’e-mail, 42 brevetti nel Kernel Linux, 45 brevetti in Open Office, e 68 altri brevetti vari in diverso software Open Source”, mi ha detto il secondo responsabile PR con cui ho parlato).

Se seguiamo la ingarbugliata storia di Xenix, sembra che ci furono occasioni per cui parti di quel sistema operativo andassero a finire in altre varianti Unix, e potenzialmente in Linux. Il principale partner di Microsoft nel portare Xenix sul mercato fu Santa Cruz Operation (la SCO originale, non la SCO Group che venne dopo). Microsoft trasferì la proprietà di Xenix a SCO nel 1987 in un accordo che dava a Microsoft dal 20 al 25% di SCO.

Microsoft in seguito ha venduto le sue quote di SCO, ma ha trattenuto dei diritti su Xenix? Ha brevettato alcune delle tecnologie di Xenix? Se è così, è ipotizzabile che del codice di Microsoft sia finito nel codice Unix. Secondo Wikipedia, SCO rinominò Xenix in SCO Unix, mentre AT&T fuse Xenix con BSD, SunOS e System V per creare System V Release 4. La SCO Group (non la Santa Cruz Operation, ma la vecchia Caldera, che ha acquistato il ramo Unix di SCO nel 2000 e poi ha cambiato nome in SCO Group) ha asserito che gli sviluppatori Linux hanno inserito codice Unix in Linux senza il suo permesso, il nocciolo della sua causa contro IBM. Che parte del codice in questione fosse di Microsoft?

Date per assunte tutte le evoluzioni nella discendenza di Xenix, rimaniamo col dubbio su quante linee di codice Unix sviluppate da Microsoft ci siano in giro. E questa è solo metà della storia – Microsoft si è assicurata vaghi diritti su Unix e Linux tramite accordi di licenza che vanno indietro almeno di cinque anni. Che cosa sta facendo la compagnia con queste tecnologie, ammesso che ne stia facendo qualcosa?

Alcuni esempi:

-Nel 2003, Microsoft ha raggiunto un accordo per licenziare il software Unix di SCO Group. Il principale legale di Microsoft Brad Smith lo ha spiegato come un supporto “all’assicurare il rispetto delle proprietà intellettuali all’interno delle soluzioni Microsoft”. A quel tempo suggerii in un articolo che Microsoft stessa poteva essere stata colpevole di usare codice Unix senza tutte le necessarie autorizzazioni, una premessa che Microsoft non ha negato.

-Nell’aprile 2004, Microsoft e Sun Microsystems hanno annunciato “un accordo di ampia collaborazione tecnologica” per risolvere questioni legali di lunga data. Hanno tagliato corto su un accordo globale sui brevetti, dicendo solo che le compagnie si sarebbero “imbarcate in negoziati” per un accordo di cross-licensing dei brevetti.

-Nel novembre 2006, Microsoft e Novell stringono un accordo per aumentare l’interoperabilità tra Windows e Suse Linux di Novell, uno dei primi accordi in cui Microsoft ha esteso la protezione sui brevetti agli utenti Linux.

Nel nome dell’interoperabilità, Microsoft ha cercato di ottenere dall’industria altri accordi come quello con Novell. XenSource, JBoss e SugarCRM sono tra quelli che sono caduti sulla linea. Dal punto di vista di Microsoft, le domande su Unix passano in secondo piano in un discorso sulla sua strategia di interoperabilità. Nonostante non siano stati in grado di darmi l’intervista che ho chiesto, mi hanno girato parecchio materiale di supporto: 66 notizie relative all’interoperabilità negli ultimi 18 mesi.

Microsoft dovrebbe smettere di essere così reticente sul suo patrimonio Unix. I suoi clienti e i suoi possibili partner IP dovrebbero pretendere risposte alle seguenti domande:

Quale codice Unix Microsoft possiede nel suo portafoglio IP?

Microsoft ha brevettato qualcuna delle tecnologie contenute in Xenix?

Esiste codice brevettato Microsoft in Unix?

Quali tecnologie Unix continua a sviluppare Microsoft?

Dove nella linea di prodotti Microsoft viene utilizzato codice Unix?

Microsoft ha mantenuto dei diritti su Xenix?

Qualcuna delle tecnologie brevettate che Microsoft sostiene siano in Linux è anche in Unix?

Senza le risposte a queste domande, la spinta di Microsoft sulla proprietà intellettuale è una campagna pubblicitaria a senso unico, non lo sforzo collaborativo esteso a tutta l’industria che essa dipinge. Se Microsoft vuole essere vista come un buon cittadino nel mondo degli standard, dell’interoperabilità, dei brevetti e delle proprietà intellettuali, deve chiarire la questione Unix.

Articolo originale su InformationWeek

Linux e il mondo enterprise

Passare a Linux in passato era sempre una grossa impresa. Certo, era meno costoso, più affidabile e più flessibile – ma a chi rivolgersi quando le cose vanno male? In un mondo enterprise cresciuto con l’idea che Unix dovesse essere complesso e costoso, e che Windows fosse un’alternativa rapida e comoda l’idea di avere gratis un sistema operativo robusto e scalabile non riusciva a far breccia per molti anni.

Fortunatamente per Linux, la struttura di supporto che è stata gradualmente costruita attorno a questo sistema operativo cadetto, che adesso è il figlio prediletto di quelli che una volta erano accaniti sostenitori UNIX: IBM, HP, Sun e Novell, ha dissipato quella paura. Supportate dai system integrators e da tecnologie in continuo miglioramento, tutti i tipi di organizzazioni stanno usando Linux con successo per una varietà di servizi mission-critical.

La durevole popolarità di Linux è riflessa dalle statistiche sulla sua quota di mercato: le percentuali dell’ultima rilevazione mondiale di IDC mostrano i server Linux alla quota del 13,6% rispetto all’intero mercato server, per un totale di 1,8 miliardi di dollari di utile solo nel secondo quarto dell’anno. Ciò rappresenta un incremento del 19% rispetto all’anno precedente e conferma solidamente che la piattaforma continua a procedere con forza.

Ugualmente importante comunque è il cambio di ruolo di Linux. Parecchio avanzato dalle sue origini di File e Print server, Linux adesso gestisce servizi che includono database mission-critical, applicativi enterprise, virtualizzazione di altri sistemi operativi, e grossi cluster di calcolo creati da un largo numero di server economici. Con il suo codice base accessibile e il forte supporto da vendor indipendenti, Linux è realmente diventato il sistema operativo per tutti.

Oppure no? Nonostante anni di previsioni entusiaste, Linux non è ancora riuscito a crearsi uno spazio nel mercato desktop – anche se il meteorico successo di Ubuntu lo ha reso un nome familiare in casa (per lo meno in alcune case).

Ciò non toglie l’importanza di Linux come piattaforma server, e siccome le applicazioni web-based sono diventate così importanti negli ambienti operativi attuali, ci sono tutte le probabilità che si adatti a queste esigenze con un minimo di razionalizzazione. Dopo tutto perchè pagare esorbitanti costi di licenza solo per rendere attivo il vostro sito web?

Naturalmente ci sarà sempre una certa quantità di applicativi che non saranno disponibili su Linux: qualsiasi cosa basata su .NET, per esempio, o gli strumenti ad uso intensivo di grafica che continuano a prediligere Windows. Perciò mentre c’è una pressante esigenza di migrare molti dei vostri server di servizi back-end a Linux, è anche importante mettere a punto una strategia per far lavorare in sincronia i due ambienti – per esempio tenendo i vostri dati in un ambiente separato, come una SAN, un file server neutrale o un database indifferente alla piattaforma, che sia ugualmente accessibile da tutti.

Richiede ancora pianificazione ed attenta esecuzione, ma il beneficio dell’esperienza attorno a Linux non è più un’esperienza rischiosa e improponibile. Per molte aziende è probabilmente prematuro tagliare del tutto i legacci con Windows, dato che alla fine le decisioni di piattaforma sono prese in base a cosa è meglio per il business piuttosto che per qualche sorta di determinazione religiosa. Ma, utilizzando Linux nei posti giusti – ed anche il desktop può essere un “giusto posto” per alcune aziende – è possibile rimuovere un pò del superfluo dal vostro ambiente IT e vedere dei benefici che non si sarebbero mai immaginati pochi anni fa.

Articolo originale su ZDNet UK

Completata la sezione storica!

Con l’aggiunta dell’articolo storico su BSD oggi ho concluso la sezione sulla storia delle principali versioni di Unix!

E’ molto probabile che continuerò ad aggiungere alcune altre pagine relative ad altre versioni, magari in versione cumulativa per quegli Unix meno famosi e meno diffusi, ma il grosso del lavoro allo stato attuale è completo!

Tra non molto avvieremo le sezioni dedicate agli articoli tecnici, nel frattempo ci aspettiamo qualche commento (di apprezzamento o anche disgusto! eheh) riguardo il lavoro svolto finora.

xVM arriva nei listini

Sun sta per dare alla luce xVM Ops Center, lo stack di gestione di risorse virtuali e fisiche per la famiglia di prodotti xVM. L’uscita ufficiale è annunciata per l’8 gennaio 2008.

Il software è basato sul progetto di hypervisor open source Xen. Il prodotto centrale sarà xVM Server (hypervisor) con xVM Ops Center (gestione). Si possono comparare con i rispettivi prodotti del leader della virtualizzazione VMWare: ESX e VirtualCenter.

Sun classifica Ops Center come uno strumento di automazione all-in-one per il data center virtuale (leggasi: esegue operazioni come il discovery automatico, il monitoraggio, l’OS provisioning, aggiornamenti e patch) che usa una semplice interfaccia basata su Ajax. E’ un misto del Sun N1 Systems Manager (N1SM) e del Sun Connection, precedentemente noto come Update Connection Enterprise, precedentemente noto come Aduva OnStage.

Ops supporta gli ambienti Linux, Solaris x86 e SPARC.

Sun dichiara che è possibile installare una nuova macchina, collegarla, accenderla e Ops ne prende il controllo. Il software può gestire migliaia di sistemi simultaneamente.

Sun questo mese rilascerà il codice sorgente usato per costruire il software su OpenxVM.org. I sorgenti del Common Agent Container saranno diffusi il 10 dicembre 2007.

In gennaio una distribuzione di Ops Center sarà disponibile per il download libero. La versione commerciale costerà $10.000, incluse l’installazione on site e la formazione.

Per quanto riguarda il resto dei prodotti della linea xVM, non ci sono ancora date precise riguardo al rilascio, ma Sun assicura che avverrà prima del secondo quarto del 2008.

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