Il più grande nemico di Linux: Darl McBride muore e nessuno lo nota

Darl McBride è morto un mese e mezzo fa e nessuno nel mondo Linux sembra averlo notato. Siamo sbalorditi. Non avremmo mai pensato che un tizio che ha dominato la copertura delle notizie Linux dal 2003 al 2007, e le cui azioni all’inizio ci hanno spaventato a morte, che lo ammettessimo o no, potesse essere morto e sepolto per qualcosa come per sempre (almeno in termini di ciclo delle notizie) senza la copertura della stampa FOSS.

McBride, che all’inizio degli anni 2000 era CEO della SCO con sede nello Utah, è famoso per aver cercato di porre fine a Linux come lo conosciamo, affrontando IBM, Daimler Chrysler, Novell e molte altre aziende, in battaglie legali con l’affermazione che Linux era pieno di codice che era stato rubato dalle versioni proprietarie di Unix della SCO.

Oggi abbiamo scoperto, da un breve comunicato pubblicato da Techrights il 31 ottobre, che McBride è morto dal 16 settembre. Techrights ha aggiornato la sua nota questa mattina per includere un copia e incolla di un post, anch’esso pubblicato oggi, dal sito aggregatore di notizie alimentato dalle persone SoylentNews da un utente con lo pseudonimo Frosty Piss:

“È passato un mese e mezzo da quando Darl McBride ha tirato le cuoia (chi?), e non è stato menzionato sulla stampa. Ma poi, forse la maggior parte dei seguaci di Linux di oggi non era viva o abbastanza grande per aver sperimentato l’assalto del signor McBride a Linux che avrebbe potuto benissimo porre fine alla sua vita come open source. Ovviamente sto parlando di molto tempo fa, nell’età della pietra, quando SCO fece causa a IBM, Red Hat, Novell e altri per la proprietà del kernel Linux. Quelli di noi che erano in giro hanno seguito l’ormai defunto Groklaw per le ultime notizie su questo impiccio legale che ora è per la maggior parte dimenticato”.

McBride affronta Linux

Il poster deve aver ricevuto la notizia da Wikipedia, perché il post include tre paragrafi dalla biografia di McBride su Wikipedia che includono una citazione dell’ex vicepresidente esecutivo di Novell e collega di McBride, Ty Mattingly, che dice a McBride: “Congratulazioni. In pochi mesi hai spodestato Bill Gates come l’uomo più odiato del settore”.

Ciò che ha detto Mattingly era quasi vero. Per un breve periodo è stato forse la persona più odiata del pianeta… almeno, nei circoli Linux e open source. All’epoca ha affermato di aver ricevuto minacce di morte, il che era indubbiamente un fatto.

Sembra che abbia ricambiato il favore, tuttavia, quando ha annunciato che SCO stava indagando sullo scrittore che stava seguendo più da vicino il putiferio legale tra Linux e SCO, che era PJ, lo pseudonimo usato per proteggere l’identità dello scrittore che pubblicava il blog Groklaw.

Due settimane dopo l’annuncio, la scrittrice FOSS Maureen O’Gara, evidentemente in combutta con SCO, pubblicò un articolo su Linux Business News che identificava PJ come Pamela Jones e che conteneva informazioni personali non verificate su di lei, tra cui una foto che si diceva fosse della sua casa. Furono pubblicati anche gli indirizzi e i numeri di telefono che presumibilmente appartenevano a Jones e a sua madre.

Il caso che non c’era

Le minacce di SCO contro Linux si rivelarono rapidamente inefficaci. Quando McBride e il suo team di SCO rivelarono alcuni frammenti di codice di Linux che sostenevano essere copie del suo codice Unix proprietario, alcuni ricercatori Linux si misero al lavoro e scoprirono rapidamente che il codice in questione era in realtà codice BSD coperto dalla licenza permissiva BSD, il che significava che SCO era libera di usarlo come parte della sua piattaforma proprietaria e Linux era libera di usarlo sotto la sua piattaforma GPL open source.

Ciò non fu sufficiente per chiudere la questione, tuttavia, e SCO continuò a sostenere la sua causa per diversi anni, finché Novell, che in origine possedeva il codice SCO, non riuscì a far sì che un tribunale stabilisse che quando aveva venduto il codice a SCO ne aveva mantenuto il copyright, il che significava che SCO non aveva più alcun titolo nel caso.

Anche allora il caso non era completamente concluso. Ancora nel 2017, molto tempo dopo che McBride aveva lasciato l’azienda, e persino dopo che SCO aveva praticamente cessato di esistere come entità funzionante, il caso fu brevemente ripreso, solo per essere nuovamente archiviato.

Dopo aver lasciato SCO, McBride prese del software che aveva acquistato da SCO in una vendita fallimentare e fondò un’azienda chiamata Shout, che commercializzava una piattaforma di engagement. Poi nel 2021 accettò un lavoro come direttore operativo presso VirnetX, con sede in Giappone, che commercializza una piattaforma di comunicazioni digitali sicure. Secondo il suo necrologio, McBride è morto il 16 settembre 2024 dopo una battaglia contro la SLA. Aveva 64 anni.

Nel caso in cui vi preoccupaste, McBride era tutt’altro che senza amici alla fine. Abbiamo ho trovato un bel pezzo di “arrivederci” sul sito web Utah Money Watch dello scrittore David Politis, che era un caro amico personale di McBride.

Articolo originale su FossForce

SCO è morta, SCO Unix vive

SCO, il mostro delle cause legali anti-Linux, è morta. Ci sono ancora dei fremiti nel cadavere presso l’obitorio della corte fallimentare, ma quando anche Groklaw si ritira dal campo, possiamo essere sicuri che SCO è finita. Ma i sistemi operativi Unix di SCO, OpenServer e UnixWare, vivranno sotto l’egida di una nuova compagnia, UnXis.

Questo ha fatto preoccupare alcune persone, compresa Pamela Jones, editrice e fondatrice di Groklaw, del fatto che UnXis potesse seguire la folle traccia delle cause legali di SCO. “Colpire gli utenti finali? Uh oh. Questo ha un suono pauroso, considerando l’eredità di SCO, se capite cosa intendo”.

Pensavamo che nessuno con un minimo di buon senso avrebbe ritentato le cause senza speranza di SCO, ma poi abbiamo ci abbiamo ripensato e abbiamo preferito chiedere a Richard A. Bolandz, CEO di UnXis, quali sono i suoi piani.

Bolandz ha risposto, “UnXis non ha nessuna intenzione di perseguire alcuna lite riguardo agli asset di SCO Group acquisiti dalla compagnia. Ci interessa la leadership mondiale nella tecnologia, non le liti.”

“Abbiamo acquisito le proprietà intellettuali, la base estremamente fedele di utenti in 82 paesi nel mondo, un team di ingegneri di livello mondiale e un prodotto solido sul cui kernel saranno costruiti tutti i nuovi sistemi. Non c’è posto per le liti nella nostra visione o nel nostro piano,” ha proseguito Bolandz.

Questo suona meravigliosamente, e siamo certi che è quello che anche Pamela Jones voleva sentire. Ma di quale proprietà intellettuale (IP) stiamo parlando? La causa Novell/SCO ha provato una volta per tutte che era Novell, e non SCO, a detenere le IP su Unix.

Bolandz ha detto, “La corte fallimentare ha bloccato le obiezioni di Novell ed ha assegnato a UnXis le proprietà intellettuali e tutti gli asset necessari alla prosecuzione del business, in base all’accordo di acquisto degli asset (APA). Come precedentemente menzionato, stiamo lavorando affinchè Novell entri in partnership con noi, poichè vediamo i nostri rispettivi prodotti come complementari piuttosto che competitivi e intendiamo vendere in maniera incrociata prodotti e servizi per il bene di entrambe le basi clienti e dell’intero mercato.”

OK, questa non è la stessa cosa degli IP su Unix. La corte fallimentare di SCO ha permesso a UnXis di sub-licenziare il codice sorgente di Unix senza pagare a Novell ciò che SCO le doveva.

Novell, che è in corso di vendita a Attachmate, non può essere contenta di questo giudizio. UnXis, che non potrebbe vendere OpenServer o UnixWare senza questa decisione, deve essere soddisfatta. D’altro canto, nel lungo periodo UnXis deve stabilire una buona relazione di lavoro con Novell. Senza un accordo, non sarà possibile per UnXis vendere nessuno dei due sistemi operativi Unix.

C’è anche la questione del marchio Unix. Ma, come riferito da Groklaw, l’Open Group, che detiene il marchio Unix, non vede alcun problema nell’uso del marchio Unix o UnixWare da parte di UnXis.

In una email, Meryl Schlachterman dell’Open Group ha scritto, “Sotto un Accordo di Licenza del Marchio con l’Open Group, SCO ha la licenza di usare UNIX e UnixWare che sono marchi registrati dell’Open Group negli Stati Uniti e in altri paesi, un fatto riconosciuto da SCO sul suo sito web.”

“L’acquisizione degli asset operativi di SCO e il trasferimento del suo business sui sistemi operativi e sul software a UnXis significherà che saranno richiesti un trasferimento e un’assegnazione del TMLA da SCO a UnXis affinchè questi diritti si trasferiscano. Possiamo anticipare che questo trasferimento sarà concluso con successo in un futuro molto vicino.”, ha concluso.

OK, quindi UnXis non seguirà la strategia legale infruttuosa di SCO negli ultimi anni e sembra essere in procinto di prendere i due piccioni degli IP Unix con una fava, per cui cosa faranno in seguito?

Secondo Bolandz, precedente CIO di Qwest Communications, “Il nostro primo affidamento è verso i nostri clienti, i rivenditori a valore aggiunto (VARS) e i partner di canale nel supportare le loro attuali esigenze così come una intera nuova generazione di hardware, software e necessità del cloud. Adesso possiamo concentrare il 100% della nostra attenzione e delle nostre energie nel portare capacità tecnologiche avanzate sulla piattaforma Unix, accrescere il supporto e i servizi ai clienti, e capitalizzare sul robusto e sicuro sistema operativo SCO Unix per i sistemi cloud-based di oggi.”

Nello specifico, UnXis intende aggiornare OpenServer e UnixWare con una schedulazione quadrimestrale, e iniziare a introdurre il cloud computing, il supporto ai 64-bit, l’autenticazione biometrica, la compatibilità VMware, le funzioni di virtualizzazione e supporto IPV6.

Bolandz ha detto, “Mentre SCO al momento ha due famiglie base di prodotti: OpenServer e UnixWare… ci sono molte varianti supportate di questi prodotti che sono state in servizio per trenta anni senza aggiornamenti. Il nostro piano è di fondere le capacità di questi due gruppi di prodotti in una piattaforma 64bit in grado di eseguire tutto in un ambiente virtualizzato.”

UnXis inoltre intende offrire un percorso di migrazione trasparente a questa piattaforma per tutti i clienti, e “offrire soluzioni hosted cloud based nel segmento SMB per consentire ai clienti SMB di migrare le loro applicazioni in maniera trasparente sull’ultima versione del nostro sistema operativo ad un costo mensile senza spendere nulla sull’hardware, sul supporto IT, sull’energia, sul raffreddamento, ecc. e accedere ai loro prodotti legacy tramite servizi Web.”

Bolandz ha concluso, intendiamo “accrescere ulteriormente la nostra proposta aggiungendo features e funzionalità che portano valore aggiuno alle missioni enterprise computing come l’autenticazione biometrica per supportare la virtualizzazione single-sign-on e ridurre il costo di amministrazione delle password, la virtualizzazione per supportare il green datacenter e la riduzione dei consumi di energia e raffreddamento. L’obiettivo è quello di aggiungere più valore alla nostra piattaforma core di qualunque altra offerta disponibile sul mercato.”

Allo stesso tempo, UnXis raggiungerà i vecchi partner di canale di SCO. “I partner di canale di SCO hanno dato grande supporto alla compagnia e al prodotto negli anni, nonostante i problemi legali, e intendiamo rafforzare e accrescere queste relazioni. Infatti, siamo stati in contatto con la maggior parte dei partner di canale SCO e abbiamo comunicato con loro regolarmente riguardo ai nostri piani e alla visione per i prodotti, ed essi hanno supportato i nostri sforzi.”

UnXis cercherà anche di entrare in partnership con i distributori, ISV e VAR Unix come iXorg per sviluppare la road map del prodotto e per rendere rapidamente disponibile lo SCO UNIX CLOUD in modo da consentire ai clienti nel segmento SMB di rimanere aggiornati sulle release più recenti degli OS.

Crediateci o no, pensiamo che UnXis abbia buone possibilità in questo. Mentre abbiamo disapprovato le politiche di SCO negli ultimi otto anni, non abbiamo mai disapprovato i prodotti. OpenServer e UnixWare, anche se non sono sistemi operativi aperti, sono notevolmente stabili. Per i business in cerca di sistemi operativi solidi che lavorano su hardware COTS di disponibilità commerciale, SCO è stata sempre difficile da battere.

Anche se Linux è stato spesso una scelta migliore, pensiamo anche che OpenServer e UnixWare abbiamo una nicchia di mercato reale, anche se piccola. La vera domanda: “C’è ancora mercato residuo per sistemi operativi Unix x86 dopo tutto il danno che la perdita di tempo e denaro di SCO sulle dispute legali anti-Linux ha causato?” è aperta. Non sappiamo ancora la risposta. Con il tempo il mercato ci dirà se c’e’ ancora vita rimasta in Unix x86.

Articolo originale su ZDnet

Novell venduta! E UNIX?

novell-logoAppena il tempo di rasserenarci dopo la fine del processo SCO vs Novell relativo ai diritti su UNIX, che ecco arrivare nuove preoccupazioni!

Novell ha annunciato da poco la propria cessione a favore della Attachmate, per circa $2.2 miliardi. Una parte degli intellectual assets saranno invece ceduti a un consorzio capitanato da Microsoft. Non è stato inizialmente dichiarato di quali asset si tratti, e la cosa ha creato notevoli perplessità dato che Novell detiene più di 460 patent, tra le quali spiccano i diritti originari su UNIX.

L’intenzione di Attachmate è di suddividere Novell in due unità: SUSE e il resto. Non si tratta di una sorpresa, dato che SUSE è la sola parte di Novell che ha visto crescere il proprio business. Il resto della compagnia è basato su prodotti legacy che non hanno avuto effetti trascinanti sul mercato.

Attachmate è una società che non ha un profilo molto alto, e per questo risulta sconosciuta ai più. E’ una compagnia privata posseduta da diversi gruppi d’investimento. La sua linea di prodotti attuale consiste in emulatori di terminale, monitoraggio di sistemi, un client SSH per Windows e UNIX, e un server X per PC. Nulla di particolarmente eccitante. Ciò per cui sicuramente non è nota è l’innovazione di qualunque tipo, avendo ottenuto tutto tramite acquisizioni o fusioni.

Ciò non depone a favore dello sviluppo dei prodotti o della continuazione dell’investimento di qualunque tipo nella cominutà openSUSE. Novell si era già ridimensionata rispetto ai grandi giorni in cui aveva acquisito SUSE e Ximian e manteneva numerosi sviluppatori FOSS sui suoi libri paga.

Ad ogni modo oggi Novell ha sentito la necessità di rassicurare i propri azionisti, e tutto il resto del mondo, sul fatto che i diritti di UNIX non sono oggetto della cessione al consorzio guidato da Microsoft, e rimangono invece di sua proprietà come sussidiaria di Attachmate.

Non è possibile allo stato attuale capire se ciò rappresenta un evento positivo o meno per quanto riguarda il futuro di UNIX e dei suoi eredi, Linux in primis. Sebbene l’idea che Microsoft diventasse proprietaria di UNIX avesse già scatenato le più ancestrali paure nelle comunità Open Source, non ci sono indizi su cosa Attachmate possa aver intenzione di fare in merito. Speriamo bene!

SCO ha perso (ancora)

rip_scoIl 30 marzo in una sentenza della US District Court, la giuria ha affermato che è Novell, e non SCO, a detenere i diritti su Unix.

Questo significa che SCO non ha in mano nulla per poter continuare ad avanzare richieste nei confronti di Novell, RedHat, IBM e verso Linux in generale.

Dopo sette anni e dieci milioni di dollari di spese legali, la corte sembra aver deciso finalmente in maniera conclusiva che SCO non ha mai detenuto i diritti di proprietà intellettuale su UNIX, fin dall’inizio, e quindi non ha mai avuto titolo per avanzare pretese nei confronti di Linux.

Tuttavia questo non segna la fine di ogni problema, in quanto SCO può ancora andare avanti nella causa contro IBM, legata ai contratti stipulati ai tempi del Progetto Monterrey. Le questioni di copyright sono concluse, ma rimangono ancora delle rivendicazioni legate ad altri aspetti del contratto.

Articolo originale su ComputerWorld

SCO: forse arriva la fine …

5 maggio 2009, ecco il momento che tanti stavano aspettando: l’ufficio dell’U.S Trustee, attraverso il proprio consigliere Joseph J. McMahon Jr., ha presentato una mozione nel procedimento di bancarotta di SCO per convertirlo da “Chapter 11” a “Chapter 7”. Facendo un parallelismo con la legge fallimentare italiana, significa che è stato richiesto di passare dall’amministrazione controllata alla liquidazione coatta.

All’interno della richiesta presentata è possibile leggere una frase che recita: “Inoltre, non solo non c’è nessuna ragionevole possibilità di riabilitazione in questi casi, i debitori hanno provato – fallendo – a liquidare il proprio business come chapter 11”.

Quindi cosa rimane? La dismissione, o più logicamente, la liquidazione. SCO è stata sotto chapter 11 per un tempo sufficiente, ed ha tentato tre volte di predisporre un piano di “riabilitazione”, senza ottenerne niente. Nel frattempo, ha riportato un cash flow negativo di oltre 3.5 milioni di dollari nel proprio rapporto del Marzo 2009. 3,5 milioni da quando la bancarotta è stata avviata, nel Settembre 2007, e che rappresentano una motivazione per passare al Chapter 7, argomenta l’ufficio del Trustee, imputabile a “perdita sostanziale o continuativa o a diminuzione del patrimonio  con l’assenza di una ragionevole speranza di riabilitazione”. Sono 3,5 milioni che avrebbero potuto essere pagati a Novell.

Non ci aspettavamo che SCO potesse riabilitarsi. Oh. Definizione differente. L’ufficio del Trustee intende “rimettersi in buone condizioni; ristabilirsi su solide basi”. Noi intendiamo ammettere di avere torto, voltare pagina e non peccare più.

E’ possibile che SCO venga in aula con un accordo già stipulato, supponiamo, con tutte le carte pronte e in ordine, come contromossa. Con SCO non si può mai dire mai. Ma vorremmo vedere i reali compratori in carne ed ossa, se fossimo il giudice, con le loro mani destre sul cuore e le sinistre che porgono il portafogli al giudice, per così dire.

aggiornamento: per il rotto della cuffia, SCO dice che proverà ancora, secondo quanto riportato dal Salt Lake Tribune:

La tempistica della mozione presentata ha colto SCO di sorpresa. Il CEO Darl McBride si trovava a Denver per l’udienza della corte d’appello del decimo distretto.

“Stiamo rivedendo la mozione che è stata presentata nel Delaware oggi con il nostro consigliere e daremo una risposta dettagliata alla corte”, ha detto McBride in una e-mail. “Prevediamo di opporci alla mozione e presentare alla corte la nostra ipotesi d’azione”.

Non siamo sorpresi. Per inciso, andare in Chapter 7 non concluderebbe necessariamente la lite. In effetti, non può farlo di suo.  Dipenderebbe dal trustee designato determinare cosa fare, e l’interesse del trustee non divergerà da quello dell’esecutivo di SCO, immaginiamo. Per prima cosa vorrà pagare i creditori. Come ad esempio, Novell. E il trustee non ha il potere di bloccare le controdenuncie di IBM. Poi c’è Red Hat. Non è detto che abbiano l’intenzione di lasciar cadere le loro denuncie, dato che lo scopo è determinare che non ci sono pretese legittime su Linux.

Articolo originale su Groklaw